lunedì 27 febbraio 2012

Lavorare con i piccoli imprenditori di provincia: oltre il pregiudizio

Se lavora in proprio, il relatore pubblico di provincia ha un bacino di clienti che varia da (poche) grandi aziende, alcune delle quali multinazionali, a numerose che sono di dimensioni medio-piccole o molto piccole.

Stando che le multinazionali si appoggiano spesso ad agenzie con sede nei grandi centri, oltre a essere dotate di personale dedicato, è giocoforza, se si vuole sbarcare il lunario, indirizzarsi alle aziende di dimensioni da piccole a micro.

Approcciare questo tipo di clientela vuol dire armarsi di tanta comprensione (e pazienza) sapendo che queste collaborazioni possono riservare gradite sorprese e grosse soddisfazioni. Basta lavorarci su un po’ di più.

Lo stereotipo del titolare d’azienda che si esprime in dialetto e tratta le persone con arroganza perché è l’unico che lavora e si è fatto da sé, è duro a morire, soprattutto fra chi la provincia la frequenta poco. E mentre tutti abbiamo conosciuto almeno per sentito dire qualche personaggio del genere (altrimenti non si spiegherebbe come è nato il cliché), se si vuole proporsi alle piccole imprese è necessario superare il pregiudizio e andare a constatare di persona come stanno le cose.

Se ci si vuole lavorare è necessario fare uno sforzo, fare il primo passo per avvicinarsi a realtà che a prima vista possono sembrare ostiche, chiuse, impermeabili.

Chi lavora in provincia è abituato ad andarsi a cercare (ma qualche volta è appropriato dire “stanare”) i clienti, e sa che non può permettersi di stare ad aspettare richieste che non arriveranno. Come minimo, vanno incoraggiate.

Immergendosi in queste realtà si può vedere dall'interno quali sono le necessità vere di comunicazione (ci sono sempre), di cui magari il titolare non è in grado di accorgersi, o che non sa esprimere perché mancandogli la relativa cultura non possiede il linguaggio del caso.

Se si evita di considerare dall’alto al basso persone che “non hanno studiato”, perché magari hanno iniziato a lavorare in azienda da ragazzi e non hanno avuto il tempo di fare l’università, si riesce a capire quali servizi possono essere utili per la loro azienda e quali invece no. Perché è inutile pre-dire (nel senso di sapere prima di avere verificato) che a un’azienda il blog non serve perché piccola, mentre magari c’è la persona (che può essere il titolare o un altro), che se ne capisce ed è in grado di bloggare.

Termino quindi con la testimonianza che un imprenditore ha inserito come commento a un mio post di un po’ di tempo fa. Si era rivolto ad un’agenzia perché gli realizzasse il sito aziendale. Anche se datata credo rispecchi molto bene la realtà. C’è di che riflettere.

Molto utile, sono cose alle quali ho (io titolale di "microimpresa"....che vende
in buona parte del globo) pensato molte volte.
Peccato che per realizzare uno stupidissimo sito internet finora abbia ricevuto
visite di aziende "lanostramissionstyle" (se si capisce quello che intendo), che
dovrebbero offrire un servizio e farsi pagare per questo, che in realtà
vengono......a vendere.
Per carita' nulla di male nel vendere, ma piu' della meta' di questi signori:
Pensano che nelle piccola aziende si sia tutti all' eta' della pietra
Pensano che un sito web debba essere solo bello
Pensano che il flash sia la manna dal cielo
Pensano che perche' io possa aggiornare il sito il CMS debba costare 1000000 di €
Pensano che io mi accontenti del loro pacchetto precotto per 25000!!!! €€€€
E quando gli dico che lo voglio conforme con gli standard W3C mi quardano come
l' ultimo degli scassacaxxi.
Quando gli spiego cosa ho in mente per la mia azienda scappano. Eppure e' una
cosa semplicissima.
Voglio iniziare da un sito internet per sviluppare la mia azienda attraverso la
comunicazione, perche' siamo bravi, siamo i migliori, curiamo il prodotto,
coccoliamo i clienti, adoriamo il nostro lavoro, ci passiamo le notti e le
domeniche. Loro no. Loro vogliono spremere. E basta. Vogliono usare delle
biechissime tecniche di vendita (che conosco meglio di loro e non userei neanche
ridotto alla fame)per "chiudere".
Prendi i soldi e scappa.
E allora?
Credo di non essere l' unico in questa situazione.
Dateci la stessa passione che noi diamo ai nostri clienti.
Siamo una minera d' oro.

giovedì 23 febbraio 2012

Il teaser non ha più ragione di esistere (se mai l’ha avuta)

Leggo sul sito Ferpi l’articolo sulla campagna di advertising del PD a Roma, completamente basata sul cartellone teaser “Conosci Faruk”. Il commento dell’autore, che condivido, mi fa ulteriormente riflettere: non sulla campagna del PD, bensì sull’utilizzo del teaser in generale.

L’unico teaser che io ricordi risale ai tempi della mia adolescenza. Sono passati tanti anni e quindi potrei sbagliarmi, ma mi pare avesse uno sfondo verde chiaro chiaro. La frase che capeggiava la rammento invece bene. Era: “gli angeli dalla faccia pulita”. Per il resto, niente. Non una frase, non un marchio, non un indizio di nessun genere che facesse capire di che cosa si trattasse. Era l’epoca del telefilm Charlie’s Angels e la frase aveva un immediato richiamo a quella trasmissione.

Bene, quella frase, così senza niente intorno, non mi suscitava alcuna curiosità, solo un senso di noia, una specie di moderata irritazione. Un manifesto che non aveva contenuto non voleva, né poteva – ovviamente – comunicare niente. Che senso aveva ?

Una o due settimane dopo ecco che compaiono altri manifesti, sempre con lo stesso sfondo verdino chiaro, ma questa volta con la foto di un latte detergente per il viso. Non ricordo più la marca. Il logo però c’era.

A quel punto lì, non mi interessava più prendere in considerazione il prodotto. Non so se personalmente io possa essere un campione rappresentativo, ma considerato che facevo parte del target (allora il termine si usava) che l’azienda produttrice voleva raggiungere (sesso femminile, donne giovani e adolescenti) allora possiamo dire che la campagna pubblicitaria non era riuscita.

Come è ovvio. Anche se all’epoca non si parlava ancora di market relazionale, comunicazione simmetrica a due vie, conversazioni con il pubblico, la pubblicità perlomeno pubblicizzava qualche cosa. Se nel cartellone non c’era niente, nemmeno un prodotto, che cosa pubblicizzava ?

Oggi un teaser ha ancora meno senso. Oggi non si pubblicizza più, si comunica, si invia un contenuto, spesso ci si aspetta anche un feedback, e quando arriva lo si ascolta. Bombardati da centinaia di messaggi al giorno non abbiamo tempo da perdere. E’ come se dicessimo: sbrigati, fammi capire velocemente quello che vuoi dirmi e perché dovrebbe interessarmi. Solo così ho intenzione di ascoltarti, darti la mia attenzione, capire che significato il tuo messaggio può avere per me.

martedì 21 febbraio 2012

Together to get it a Torino, ovvero il networking secondo PRime Italia

E’ in programma a Torino in aprile, dal 16 al 21, il congresso internazionale "Together to get it - PR people networking", tema principale il Networking fra persone, associazioni e imprese.

Organizzato da PRime Italia, associazione europea non profit di studenti di comunicazione e relazioni pubbliche (da anni si occupa dell'organizzazione di eventi sul territorio ed in particolare nel contesto universitario), il congresso è aperto a tutti i ragazzi italiani ed europei che studiano comunicazione, pubblicità, relazioni pubbliche, marketing.

I partecipanti si divideranno tra conferenze e workshop tematici sul "Fare la Rete", "Costruire la Rete", "Mantenere la Rete", visite alla città e dintorni e momenti di svago.

Le iscrizioni si aprono in questi giorni. Ulteriori informazioni sono disponibili consultando il sito dell'evento Together to get it, oppure seguendo il blog di PRime Italia.

giovedì 16 febbraio 2012

Prossimamente…. su Alessandria News


Questo blog sarà leggibile a breve anche su AlessandriaNews, quotidiano online di Alessandria e provincia.

Il blog sarà inserito nella Blogosfera, sezione che si avvale già della collaborazione di numerosi blogger della nostra zona.

domenica 12 febbraio 2012

Sono entrata a far parte di Lab121


Dall’inizio dell’anno sono socia di Lab121, associazione alessandrina di coworking.

La migliore presentazione di Lab121 la si trova sulla home page del sito:

"lab121 porta nel nome le ultime tre cifre del codice postale di Alessandria, dove è nato per sostenere il territorio e la comunità , per contribuire allo sviluppo di una qualità di vita migliore, per rilanciare una economia sostenibile, e per favorire l'incontro dei membri attivi della comunità.

lab121 è un'associazione di promozione sociale finalizzata allo sviluppo della cultura del coworking e del business networking.

lab121 è una concreta risposta a chi desidera strumenti efficaci per intraprendere il proprio cammino professionale in autonomia.

Promuove il coworking al fine di generare progetti, partnership, soluzioni innovative, imprenditoria e business.

Diffonde la "contaminazione lavorativa" attraverso il dialogo tra i professionisti, le imprese e gli enti locali.

Gestisce un Centro di Coworking per neolaureati, professionisti, freelance, imprese, enti profit e no-profit, all’interno del quale sviluppare e realizzare idee, condividere progetti e competenze, lavorare in un ambiente confortevole e stimolante, attivo e sereno.

lab121 sostiene idee e progetti per far nascere start up, incentiva la collaborazione tra professionisti e aziende, offre ai soci uno spazio dove esporre i loro progetti e le loro opere, offre alle Aziende la possibilità di scoprire e sostenere progetti e talenti, organizza corsi di formazione e aggiornamento sui temi del mercato del lavoro e supporta gli associati nella ricerca di volontari, fondi, donatori e imprese."

Qui trovate la mia pagina su Lab121.org

domenica 5 febbraio 2012

Organizzazione di falsi eventi

“La comunicazione non è uno show “

Beppe Facchetti, presidente Assorel


Che l’organizzazione di eventi sia una delle competenze basilari delle relazioni pubbliche è risaputo.

Ma che questo significhi organizzare delle messe in scena che hanno più a che vedere con la fiction che con la realtà è tutto un altro discorso.

E’ quanto è capitato in un cantiere edile francese dove, in l’occasione di una visita di Sarkozy, la forza lavoro è stata “rimpolpata” con l’aiuto di un cospicuo numero di comparse opportunamente ingaggiate.

Invece che assumere veri operai (di cui evidentemente non c’era bisogno) a dimostrare che c’è lavoro e che l’impresa è in attivo si è scelto di dare del fumo negli occhi. Pare addirittura con la complicità dell’Eliseo.

Ogni volta che accade un fatto del genere le relazioni pubbliche tornano indietro di 200 anni.